"ABC" non si occupa soltanto di bambini. Le sue iniziative sono rivolte anche a fornire sostegno materiale e morale ai Centri di profughi. Negli anni passati siamo riusciti a far giungere ai centri collettivi aiuti "in natura" ma, un aiuto più consistente siamo riusciti a darlo attraverso le borse di studio. Infatti, moltissimi dei bambini che seguiamo sono profughi delle diverse guerre che hanno tormentato la ex Jugoslavia.
A questo punto è indispensabile una premessa per spiegare il problema "profughi": le reciproche pulizie etniche (spesso a suon di cannonate o peggio) hanno causato un numero incredibile di spostamenti dei sopravvissuti. Parte di loro (per lo più musulmani) dalla Bosnia serba hanno trovato rifugio in quella della loro gente, o in Croazia, Slovenia, Germania... Circa un milione di serbi ha compiuto il tragitto inverso.
Da un dossier datoci a Belgrado risulta che nella sola Repubblica di Serbia, nel 2002, c'erano circa 618.000 profughi "riconosciuti". Se ad essi si aggiungono i non ufficiali e quelli arrivati dopo, è ragionevole pensare ad un milione, su un popolo ospitante di dieci milioni, già in grande difficoltà causa delle "sanzioni" internazionali e di un apparato industriale distrutto. Un 10% circa di questi profughi, non avendo trovato altra sistemazione, si è accalcato per anni nei "centri collettivi" (ex alberghi, scuole in disuso, baracche), recentemente chiusi, anche se, in molti casi, stanno ancora lì. Ci sono poi i profughi recenti, quelli dal Kosovo (che non sono considerati profughi).
Una testimonianza di ABC. Domenica 23 maggio 2004, ore 8. La famiglia Zuza cambia casa. Anzi, per la precisione, cambia Paese. Dalla Serbia si trasferisce negli Stati Uniti, a Las Vegas. Sono quasi dodici anni che vive in una stanza dell'hotel "Serbja" a Niska Banja, piccolo centro a ridosso di Nis. Moglie, Rajka, marito, Ljuban, due figli, Jovana e Miroslav, fuggiti tutti da Konjic, tra Mostar e Sarajevo, all'inizio della guerra (1992).
Bosniaci, non hanno mai preso la cittadinanza serba ed è per questo che ora il governo concede loro di andarsene. Altre quattro bocche da sfamare in meno!
E' l'Alto commissariato per i rifugiati dell'ONU che ha dato loro la possibilità di emigrare. Jovana è una nostra affidata e conosciamo da molto tempo la famiglia Zuza. Andiamo a salutarli. Saliamo gli scalini dei quattro piani del "campo profughi" ed entriamo nella loro "casa". Sono tutt'e quattro lì insieme ai loro vecchi genitori. Ci tratteniamo il tempo necessario per augurargli ogni bene. Lo meritano. Hanno il coraggio della disperazione indispensabile per un passo del genere. Ci ritiriamo.
Alle 8 prendono i loro bagagli e scendono per l'ultima volta le scale dell'hotel "Serbja". Amici e parenti li aiutano a portare le valige.
Arriva l'autobus. La disperazione dei genitori, vecchi, che sanno di non poter più rivedere i loro figli; il pianto degli amici, giovani, che presto dimenticheranno. Andiamo avanti! Salgono. L'autobus parte da Niska Banja diretto verso. Las Vegas.
Il volontariato, andando nei posti dove c'è bisogno d'aiuto, è in grado di riferire tante cose, tante situazioni tragiche, che quasi nessuno sa e che nessuno racconta sui media. Televisione, radio e giornali non hanno certo parlato della famiglia Zuza e, oggi, limitano le loro informazioni a quelle che di volta in volta sono considerate le zone più "calde", dimenticandosi di quelle che lo erano ieri. Non è così per il volontariato, che dai luoghi di sofferenza e di martirio non se ne va finché è necessario restarvi.
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